Lo confermano i risultati dello studio multicentrico randomizzato SOUND. Si tratta di un lavoro coordinato dall’Istituto Europeo di Oncologia
Le donne affette da tumore al seno di dimensioni ridotte, già idonee per un intervento conservativo, possono ora eludere la necessità di sottoporsi alla biopsia del linfonodo sentinella. Questa conclusione emerge dai risultati dello studio multicentrico randomizzato SOUND (Sentinel Node vs Observation After Axillary Ultrasound), condotto dall‘Istituto Europeo di Oncologia e appena pubblicato su Jama Oncology, rinomata rivista scientifica.
Lo studio ha coinvolto 1.463 donne di varie fasce d’età, tutte affette da tumore al seno con un diametro massimo di 2 cm e con esito negativo all’ecografia ascellare, indicante l’assenza di metastasi linfonodali rilevabili tramite ultrasuoni. Le partecipanti sono state casualmente assegnate a due gruppi: la metà di loro ha effettuato la biopsia del linfonodo sentinella, mentre l’altra metà non ha subito alcun intervento di prelievo o biopsia.
Dopo aver completato il trattamento chirurgico e farmacologico o radioterapico, i ricercatori hanno valutato la sopravvivenza senza malattia a 5 anni, giungendo a una chiara conclusione: non ci sono differenze nei risultati terapeutici tra coloro che hanno subito la biopsia del linfonodo sentinella e coloro che non l’hanno fatta. Di conseguenza, le pazienti con tumore al seno di piccole dimensioni e senza segni di metastasi linfonodali all’ecografia ascellare possono evitare qualsiasi procedura chirurgica all’ascella, compresa la biopsia del linfonodo sentinella, con la certezza che la loro terapia sarà altrettanto efficace.
Il commento del Prof. Veronesi
“La tecnica del «linfonodo sentinella» è una pietra miliare nella storia del cancro al seno ed è oggi una tecnica standard per verificare se le cellule tumorali hanno già raggiunto i linfonodi ascellari e rischiano quindi di diffondersi in altri organi dando origine a metastasi – spiega il Prof. Paolo Veronesi, Direttore del Programma Senologia IEO. Fino a pochi anni fa, anche nei tumori di piccole dimensioni candidati ad una chirurgia conservativa, si asportava il linfonodo sentinella ed analizzato per decidere se togliere o meno anche gli altri linfonodi. In questo modo evitavamo lo svuotamento ascellare quando non necessario, risparmiando alla paziente possibili conseguenze. Da qualche anno, grazie ad uno studio americano, abbiamo visto che è inutile proseguire con la dissezione ascellare anche in caso di uno o due linfonodi sentinella positivi”.
“Ora – continua l’esperto – abbiamo fatto un ulteriore passo avanti e abbiamo dimostrato che la biopsia del linfonodo sentinella nei tumori iniziali non ci fornisce informazioni che possono modificare le terapie postoperatorie e migliorare la guarigione. Naturalmente a patto che i linfonodi vengano studiati oltre che con l’esame clinico anche con una accurata ecografia, per escludere la presenza di grossolani interessamenti metastatici. I vantaggi per le pazienti sono evidenti, poiché la chirurgia è ancora meno invasiva, ed oltretutto diminuiscono i costi per il nostro SSN”.
Un grosso passo in avanti
“Oggi abbiamo raggiunto e superato una nuova tappa nel cammino intrapreso da mio padre Umberto per ridurre al minimo l’impatto del cancro al seno sulla vita della donna – aggiunge Veronesi. In questo percorso la chirurgia vedrà ridurre sempre di più la sua invasività, grazie all’imaging avanzato che, come abbiamo dimostrato con SOUND, permette diagnosi accurate, alla genetica e alla genomica che ci danno indicazioni anche sulla prognosi e ai tipi di interventi chirurgici da effettuare. Forse un domani diremo addio al bisturi, ma nel frattempo già ora le nostre donne si possono avvicinare alla prevenzione con sempre meno paura: un eventuale tumore scoperto per tempo si può curare davvero in modo mininvasivo, come un’altra qualsiasi malattia, senza mettere uno stop alla propria vita”.
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