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L’ipocondria uccide: la conferma da un nuovo studio

Tempo di lettura: 2 minuti

La continua paura di ammalarsi finisce con l’aumentare il rischio di morte precoce. Il tutto emerge da uno studio pubblicato su Jama Psychiatry

L’ipocondria uccide. La persistente ansia legata alla possibilità di ammalarsi può accrescere il rischio di morte prematura, come evidenziato da uno studio condotto da un gruppo di ricercatori svedesi e pubblicato su Jama Psychiatry. Secondo tale ricerca, le persone affette da ipocondria presentano un aumento del 84% delle probabilità di morire in anticipo per diverse ragioni. Contribuisce a questo incremento anche il rischio di suicidio, ma sono altresì più frequenti cause di natura fisiologica, tra cui le malattie cardiache e polmonari.

Stephen Hughes, docente presso l’Anglia Ruskin University di Chelmsford, spiega la natura dell’ipocondria: “Possiamo definirlo come un disturbo di salute mentale caratterizzato da un’eccessiva preoccupazione per la salute, spesso con la convinzione infondata che esista una malattia grave. A volte è associato a frequenti visite dal medico, mentre altre volte implica evitarle del tutto per paura che venga diagnosticata una malattia mortale”. Il 4-6% della popolazione generale è affetto da questo disturbo, coinvolgendo anche il 17% di coloro che consultano il medico di medicina generale.

Lo studio nel dettaglio

Attraverso l’analisi di database sanitari contenenti 4.129 individui ipocondriaci e 41.290 soggetti sani, i ricercatori hanno effettuato un abbinamento per vari fattori come anno di nascita, sesso, provincia di provenienza, stato civile, livello di istruzione e reddito familiare. Durante i circa 9 mesi di osservazione, si sono registrati 268 decessi tra gli ipocondriaci (che ricordiamo erano 4.129) e 1.761 tra le persone prive di ipocondria (che erano invece 41.290). Dunque il primo dato è una percentuale di decessi maggiore nel gruppo degli ipocondriaci. In aggiunta, in media, coloro affetti da ipocondria presentavano una mortalità 5 anni prima rispetto a chi non soffriva del disturbo, con un aumento del rischio di morte sia per cause naturali che non naturali. L’ipocondria sembra influenzare anche la qualità della vita, con le persone non ipocondriache che mostrano maggiori probabilità di istruzione, matrimonio e reddito più elevato rispetto agli ipocondriaci.

Tra le persone ipocondriache decedute, si è osservata una maggiore mortalità per cause cardiovascolari, respiratorie e sconosciute, ma non per il cancro, nonostante l’ansia correlata a questa malattia sia comune tra gli ipocondriaci. Inoltre, il suicidio contribuisce in modo significativo alle percentuali di morte precoce nelle persone affette da ipocondria, risultando 4 volte più probabile. Mentre l’impatto psicologico è comprensibile, risulta più complesso spiegare l’aumento del rischio per cause naturali.

Un problema sottovalutato

“L’ipocondria è sottodiagnosticata – dichiara il primo autore dello studio Mataix-Cols, intervistato dal Washington Post – quindi i rischi di morte potrebbero essere ancora più alti se si tiene conto dei casi non diagnosticati. La vita degli ipocondriaci potrebbe essere più breve a causa dello stress cronico, che potrebbe anche indurli ad automedicarsi con alcol e droghe. Altri pazienti potrebbero evitare di visitare i medici per paura che venga loro diagnosticata una malattia grave”. La dipendenza da alcol e droga può in effetti limitare la longevità e ciò potrebbe spiegare, almeno in parte, l’aumento della mortalità legata al disturbo d’ansia da malattia.

Clicca qui per leggere l’estratto originale dello studio.

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