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Sanità digitale: la nuova frontiera della medicina spiegata dal Prof. Eugenio Santoro

Tempo di lettura: 3 minuti

Il Professore Santoro, responsabile del laboratorio di informatica medica del dipartimento di epidemiologia dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche ‘Mario Negri’, spiega le differenze tra Digital Health, Digital Medicine e Digital Therapeutics

Si corre verso una sanità sempre più digitale e questa è la conseguenza del tempo perso prima della pandemia. Il Covid non ha fatto altro che accelerare le operazioni e fatto capire che non si può più prescindere da questo aspetto. Parlare di Digital Health, Digital Medicine e Digital Therapeutics è diventato discorso abbastanza frequente. Certo, non tutti ne conoscono le differenze.

“Si parla di Digital Health – inizia la sua dichiarazione il professore Santoro, responsabile del laboratorio di informatica medica del dipartimento di salute pubblica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS – per identificare strumenti che sono frutto dello sviluppo di software, tecnologia indossabile o sistemi che riguardano la salute. Strumenti che hanno come obiettivo il benessere piuttosto che uno scopo medico.  Hanno a che fare con la misurazione dei dati fisiologici, con informazioni sanitarie e con servizi che riguardano la sanità. In generale l’aspetto che li contraddistingue è che si tratta di gadget, strumenti per i quali non è stata mai provata la validità scientifica, non si hanno prove di sicurezza ed efficacia. Non è stato dimostrato che se si usa quel genere di strumento si fa meglio che non utilizzarlo”.

Diverso discorso riguarda la Digital Medicine

“Anche se si tratta di una categoria che è strettamente legata alla precedente, in questo caso i produttori hanno appurato sicurezza e affidabilità attraverso la ricerca clinica e col supporto di medici e società scientifiche che devono definirne questi parametri per renderli effettivamente dispositivi medici. Infine esiste la Digital Therapeutics e rappresenta lo strumento curativo. Si tratta di software che si basano su teorie cognitivo – comportamentali oppure che modificano gli stili di vita. A differenza del Digital Health, questa strumentazione è sottoposta a verifica: si confronta l’effetto nel raggiungere un obiettivo rispetto alla pratica corrente. Questi strumenti, però, vengono registrati solo di fronte a studi clinici randomizzati e se ci sono prove sufficienti”.

Rimanendo in tema di Digital Therapeutics, è indubbio che queste, in caso di riscontro positivo, possono migliorare la vita di pazienti e caregives.

“Esistono diverse terapie digitali, come nel campo della diabetologia. Vanno a personalizzare la dieta e l’esercizio fisico. Si è visto che l’impiego di questi programmi personalizzati hanno dimostrato che si riesce a ridurre l’emoglobina applicata in maniera significativa. Anche nell’ambito della salute mentale ce ne sono tanti. Basti pensare, ad esempio, ai videogiochi approvati dalla FDA come terapie digitali per combattere il deficit di attenzione nei bimbi che ne soffrono”.

Sanità digitale in Italia, il punto della situazione

La situazione in Italia, però, almeno su questo aspetto, non è delle migliori come sottolinea il Professor Santoro.

“Nel nostro paese, nonostante ci sia la forza, siamo ancora indietro su questi aspetti. Ciò che blocca il discorso terapie digitali è la disponibilità non sempre presente di chi sviluppa strumenti a sostenere costi per la ricerca clinica. E non sa che il compito è suo. Poi non esistono regole che stabiliscano l’approvazione come terapia digitale, insomma la certificazione, e questo limita la prescrizione e rimborsabilità dello strumento stesso. Manca anche la cultura di fare sperimentazione e ricerca clinica“.

Nonostante si tratti di strumentazioni che potrebbero migliorare, e non di poco, la sanità italiana, si arranca ancora. E questo ritardo fa emergere un altro dato importante: quanto sia necessaria la sperimentazione clinica.

“Sono necessarie per le tecnologie perché senza le prove scientifiche queste strumentazioni non si possono concretizzare nel miglioramento della salute del paziente. È necessario affidarsi a gente che conosce il metodo della ricerca clinica”. 

Altro capitolo è quello che riguarda l’Intelligenza Artificiale, altro supporto utile per la medicina.

Ha tante potenzialità – conclude il Professor Santoro. Assistenza alla diagnosi, strumenti per predizione, per prognosi, strumenti che identificano i modi per ottimizzare al meglio la distribuzione delle risorse in un ospedale o anche per lo sviluppo dei nuovi farmaci. Queste le aree principali. In letteratura, la metodologia presuppone alcuni step importanti: evidenze di miglioramento dello strumento rispetto a quanto fa il medico, studi retrospettivi e da questi si equiparano i risultati ma non ci sono studi clinici randomizzati o sono pochi, così come pochi sono gli studi prospettici. Mancano questi studi e in assenza è difficile che questi strumenti possano essere introdotti nella pratica medica. Sono pochi i centri che li usano per fare diagnosi e se lo fanno è in ambito sperimentale”. 

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